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Ecco Anfitrione al Teatro Binario 7 di Monza

Senza eliminare i risvolti problematici insiti nel codice genetico del mito, l’Anfitrione di Teresa Ludovico percorre, coraggiosamente, la strada della commedia recuperando gli antefatti del plot reso celebre da Plauto.

Prima di sposare Alcmena, Anfitrione le aveva ucciso il padre, Elettrione; inoltre la giovane aveva acconsentito a sposarlo a patto che l’eroe accettasse di vendicare i suoi fratelli, a loro volta uccisi in una faida familiare.

Anfitrione e Alcmena sono figure di un mondo dominato dalla violenza fisica, in cui la vendetta privata è l’unica forma di giustizia, il valore dell’individuo dipende dalla sua capacità di affermare e mantenere una posizione di potere all'interno della famiglia e di conquistarsi, così facendo, il rispetto e la considerazione altrui. Nella nostra realtà queste logiche prosperano nelle organizzazioni criminali, nelle mafie e camorre di ogni genere e livello.

È allora plausibile che Anfitrione e Alcmena vestano i panni dei malavitosi: lei, donna d’onore, accetta di sposare l’assassino del padre in cambio della vendetta per i fratelli e poi, fedele ai patti, lo ama e lo rispetta. Lui, un autentico boss, violento e arrogante, caduto nell'imbroglio di Giove, viene progressivamente privato del suo potere, fino a ridursi a “uomo di niente”. All'attualizzazione dei valori corrisponde quella del linguaggio, anzi del gergo, la cui esibita brutalità finisce per risultare caricaturale, riportando così lo spettatore nella dimensione della commedia.

E in effetti, questo Anfitrione malavitoso non rinuncia agli equivoci e ai calembours dei suoi predecessori di grande tradizione comica.


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